Ceretti è una piccola borgata adagiata su una collina morenica,
circondata da una folta vegetazione composta prevalentemente da querce
"cerri", da cui deriva il nome della frazione ("quercus
cerrus"). Molte di queste querce sono state abbattute e si è
così creata una radura abitabile con prati e frutteti tali da
rendere possibile la vita. Sui due lati del cuneo di terra morenico
sgorgano due fontanelle, la Becià e la Cascarina che si consumano
nella vegetazione.
L'agglomerato abitativo ha da tempo limitato la sua estensione e tuttora
conta poco meno di trecento abitanti.
I primi cerettesi si insediarono attorno al 1600: erano tre distinte
famiglie (i Bianco-Blancus, i Bonino-Boninus e i Tosatto-Tosatus, rispettivamente
ubicatesi all'inizio, al centro e alla fine del paese), probabilmente
provenienti dal vicino lazzareto, per iniziare una nuova vita in un
luogo incontaminato.
Dopo aver costruito una casa ed aver avviato una ridente ma faticosa
attività agricola, iniziarono a sentire l'esigenza di creare
nel piccolo centro abitato un punto di incontro comune: la Chiesa.
L'edificio venne ben presto costruito e dedicato al patrono San Domenico.
In occasione dei festeggiamenti patronali, la popolazione si propose
di riportare alla luce e mantenere vivo il ricordo del loro insediamento.
Venne allora istituito il Priorato: priori e sottopriori venivano scelti
tra i capifamiglia provenienti dai tre ceppi e avevano compiti di amministrazione
della Chiesa e di rappresentanza del paese.
Nel giorno della festa patronale la gente andava a casa dei Priori dove
veniva offerta la "bicerà ant la scuela", ricordando
così la fuga dal lazzareto e la gioia della guarigione. Terminato
il banchetto ci si dirigeva verso la Chiesa per la Messa e la Benedizione,
così come avvenne il giorno del primo insediamento a Ceretti,
quando la sera tutte le famiglie si ritrovarono e si benedirono simbolicamente.
Le priore portavano sulla testa il pane denominato "Carità",
ricordando che il giorno del loro arrivo si erano nutriti solo con del
pane avuto in carità dalle suore del lazzareto.
Dopo la messa, si svolgeva la processione del Santo Patrono, per le
vie del paese e i Priori portavano tra le loro mani un'alabarda (lancia)
con infilzato il galuro (una pagnotta a forma di galletto). Questo perchè,
quando erano ammalati di peste, ricevevano il cibo (pane e altro) dalla
punta delle lance per mantenere le distanze, evitando il contagio. Il
galuro rappresenta la speranza del nuovo giorno e della nuova vita rallegrata
dal bel canto del gallo.
I priori davano poi avvio alle danze e ballavano fino a sera terminando
i festeggiamenti.
Venne poi cucito uno scudetto, simbolo del priorato. Purtroppo ai posteri
nulla è pervenuto. Le informazioni reperite non sono state sufficienti
a riportare alla luce l'originario scudetto. Tutt'oggi si cerca ancora
di mantenere viva la tradizione dei priori, con qualche modifica. Nel
2003, a dieci anni dalla ricostituzione della festa dei priori, si è
pensato di riportare in vita lo scudetto, simbolo del priorato.
Le tradizioni elencate sono vive grazie a tutti quelli (e sono molti)
che si sono impegnati per mantenerle.